«Gott steckt im Detail.» – Aby Warburg
Oggi il logo è tutto. È l’icona di un’identità, la bandiera di un'appartenenza, il passaporto sociale del nostro tempo.
Ma è davvero così? Un marchio riconoscibile può davvero raccontare la qualità, il valore, l’anima di un oggetto?
Molti direbbero di sì. Ma chi conosce davvero il lusso – quello silenzioso, profondo, di nicchia – sa che la vera ricchezza non è mai gridata.
E che il valore non si misura solo in euro. Il vero lusso non è un cartellino, è un tempo. Il tempo che ci vuole per progettare, scegliere un materiale raro, modellarlo con mani esperte, farlo parlare con il tempo che passa.
Perché il tempo, sì, gioca un ruolo fondamentale. Un oggetto artigianale, se autentico, non perde valore: lo acquisisce.
Come accade con il cuoio pregiato, che col tempo cambia, si scurisce, si ammorbidisce, assorbe luce e storie.
Oppure come una seta antica, che nonostante le sue trasparenze, è capace di attraversare i decenni.
È di questo che vogliamo parlare. Di un lusso che non cerca attenzione ma la merita.
Di quei marchi che oggi stanno abbandonando i riflettori per tornare al laboratorio.
Di una bellezza che non si mostra: si scopre. Come in un romanzo, dove ogni parola pesa, ogni dettaglio conta.
Un oggetto artigianale dovrebbe avere il diritto di mutare nel tempo. Un cuoio che si scurisce, una tela che si ammorbidisce, una ceramica che conserva ogni imperfezione come una firma.
È lì che si misura il valore: nella capacità di accompagnare la vita, non solo di brillare al momento dell’acquisto.
Prendiamo ad esempio Sartoria Giuliva Heritage, a Roma. Un marchio che unisce la sartoria napoletana con il gusto dei capi maschili rivisitati per la donna.
Non troverete loghi in vista né produzioni seriali: ogni pezzo viene realizzato con tessuti pregiati, spesso deadstock (avanzi di magazzino mai utilizzati), secondo una logica etica e sostenibile.
I loro cappotti raccontano l’inverno come una stagione da attraversare con poesia.
Oppure Hender Scheme, piccolo brand giapponese che lavora esclusivamente con cuoio naturale.
Le scarpe sono realizzate a mano in una bottega di Tokyo, e ogni pezzo è pensato per cambiare nel tempo, per assorbire vita.
Non esiste un prodotto uguale all’altro. E non potrebbe essere altrimenti.
C’è poi E. Marinella, storica azienda napoletana che produce cravatte artigianali dal 1914.
Anche se è conosciuta in ambienti diplomatici ed eleganti, rimane un esempio vivente di cosa voglia dire rispetto per la tradizione.
Ogni cravatta viene tagliata e cucita a mano in un piccolo laboratorio affacciato sul Golfo, e può durare – con cura – più di una generazione.
E ancora Laboratorio Paravicini, a Milano: piatti dipinti a mano, ispirati alla ceramica antica, che diventano oggetti d’arte. Ogni servizio è unico.
Nessuna riproduzione industriale. Una tavola apparecchiata da Paravicini è un’opera teatrale, un racconto silenzioso.
Il punto in comune tra questi marchi? Tutti creano oggetti che respirano. Non inseguono i trend, ma costruiscono una relazione con il tempo.
Non sono per tutti, ma parlano a chi sa guardare.
Come diceva Dieter Rams: “Il buon design è durevole.” E il lusso vero è scegliere qualcosa che non ha bisogno di essere sostituito.
Comprare artigianato oggi è un gesto controcorrente. Significa scegliere:
Serve pazienza, perché i tempi sono lenti. Ma ciò che si riceve in cambio ha un valore profondo.
“Il tempo è un lusso che ci stiamo dimenticando di desiderare.” – Rebecca Solnit
Il lusso artigianale non si mostra. Si lascia scoprire. Ha l’odore della pelle vera, il suono delle forbici sulla stoffa, la polvere di ceramica cruda.
Non parla a chi ha fretta. Ma aspetta chi è pronto a vedere. E ad ascoltare.
Forse è nei dettagli che si nasconde il diavolo.
Ma anche il divino.
17.4.2025